Legge
8 giugno 1990, n. 142
Ordinamento delle autonomie locali
(Aggiornata
alla Legge 3 agosto 1999, n. 265)
(N.B.
In Sicilia vedi L.R. 48/91 e succ.)
Capo
I - Principi generali
Art.
1. Oggetto della legge
1. La presente legge detta i princìpi
dell'ordinamento dei comuni e delle province e ne determina le funzioni.
2. Le disposizioni della presente legge non si
applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e
di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle
relative norme di attuazione.
3. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione,
le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi
della presente legge se non mediante espressa modificazione delle sue
disposizioni.
Art.
2. Autonomia dei comuni e delle province (articolo così sostituito
dall'articolo 2, comma 1, della legge n. 265 del 1999)
1. Le comunità locali, ordinate in comuni e
province, sono autonome.
2. Il comune è l'ente locale che rappresenta la
propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.
3. La provincia, ente locale intermedio tra
comune e regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne
promuove e ne coordina lo sviluppo.
4. I comuni e le province hanno autonomia
statutaria, normativa, organizzativa ed amministrativa, nonché autonomia
impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle
leggi di coordinamento della finanza pubblica.
5. I comuni e le province sono titolari di
funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della
regione, secondo il princípio di sussidarietà. I comuni e le province svolgono
le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente
esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni
sociali.
Art.
3. Rapporti tra regioni ed enti locali
1. Ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo
comma, e dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, ferme restando le
funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi
territori, le regioni organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a
livello locale attraverso i comuni e le province.
2. Ai fini di cui al comma 1, le leggi regionali
si conformano ai principi stabili ti dalla presente legge in ordine alle
funzioni del comune e della provincia, identificando nelle materie e nei casi
previsti dall'articolo 117 della Costituzione gli interessi comunali e
provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio.
3. La legge regionale indica i princìpi della
cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con la regione, al fine di
realizzare un efficiente sistema delle autonomie locali al servizio dello
sviluppo economico, sociale e civile.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n.
265 del 1999)
4. La regione indica gli obiettivi generali della
programmazione economico sociale e territoriale e su questa base ripartisce le
risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti degli enti
locali.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 2, lettera b), della legge n.
265 del 1999)
5. Comuni e province concorrono alla
determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e
delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro
specificazione ed attuazione.
6. La legge regionale stabilisce forme e modi
della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e programmi
regionali e degli altri provvedimenti della regione.
7. La legge regionale indica i criteri e fissa le
procedure per gli atti e degli strumenti della programmazione socioeconomica e
della pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini
dell'attuazione dei programmi regionali.
(comma così modificato dall'articolo 2, comma 2, lettera c), della legge n.
265 del 1999)
8. La legge regionale disciplina altresì, con
norme di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica della
compatibilità fra gli strumenti di cui al comma 7 e i programmi regionali, ove
esistenti.
Capo
II - Autonomia statutaria e potestà regolamentare
Art.
4. Statuti comunali e provinciali
1. I comuni e le province adottano il proprio
statuto.
2. Lo statuto, nell'ambito dei princípi fissati
dalla legge, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente, e
in particolare specifica le attribuzioni degli organi, le forme di garanzia e di
partecipazione delle minoranze, prevedendo l'attribuzione alle opposizioni della
presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di
garanzia, ove costituite. Lo statuto stabilisce altresí l'ordinamento degli
uffici e dei servizi pubblici, le forme di collaborazione fra comuni e province,
della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini
alle informazioni e ai procedimenti amministrativi.
(comma così sostituito dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 265 del
1999)
2 -bis. La legislazione in materia di ordinamento
dei comuni e delle province e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad
essi conferite enuncia espressamente i princípi che costituiscono limite
inderogabile per l'autonomia normativa dei comuni e delle province. L'entrata in
vigore di nuove leggi che enunciano tali princípi abroga le norme statutarie
con essi incompatibili. I consigli comunali e provinciali adeguano gli statuti
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette.
(comma introdotto dall'articolo 1, comma 2, della legge n. 265 del 1999)
3. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi
consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora
tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive
sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per
due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri
assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle
modifiche statutarie.
4. Dopo l’espletamento del controllo da parte del
competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel bollettino ufficiale
della regione, affisso all’albo pretorio dell’ente per trenta giorni consecutivi
ed inviato al Ministero dell’interno per essere inserito nella raccolta ufficiale
degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione
all'albo pretorio dell'ente.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 3, della legge n. 265 del
1999)
1. Nel rispetto dei principi fissati dalla legge
e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti per
l’organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di
partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per
l’esercizio delle funzioni.
(comma così modificato dall'articolo 1, comma 4, della legge n. 265 del
1999)
Capo
III - Istituti di partecipazione
Art.
6. Partecipazione popolare
1 . I comuni valorizzano le libere forme
associative e promuovono organismi di partecipazione popolare
all'amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione. I rapporti
di tali forme associative con il comune sono disciplinati dallo statuto.
2 . Nel procedimento relativo all'adozione di
atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste
forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo
statuto, nell'osservanza dei princípi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n.
241.
3 . Nello statuto devono essere previste forme di
consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze,
petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere
interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere altresí
determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere altresí
previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4 . Le consultazioni e i referendum di cui al presente
articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono
avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e
circoscrizionali.
(articolo così sostituito dall'articolo 3, della legge n. 265 del 1999)
Art.
7. Azione popolare, diritti d'accesso e di informazione dei cittadini
1. Ciascun elettore può far valere in giudizio
le azioni e i ricorsi che spettano al comune.
(comma così modificato dall'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge n.
265 del 1999)
2. Il giudice ordina l’integrazione del
contraddittorio nei confronti del comune. In caso di soccombenza, le spese sono
a carico di chi ha promosso l’azione o il ricorso, salvo che il comune
costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore.
(comma così modificato dall'articolo 4, comma 1, lettera b), della legge n.
265 del 1999)
3. Tutti gli atti dell’amministrazione comunale
e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa
indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione
del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione,
conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione
possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o
delle imprese.
4. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli
e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il
rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme
di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti;
detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo
stato degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame di domande, progetti
e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di
accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso
l’amministrazione.
5. Al fine di rendere effettiva la partecipazione
dei cittadini all’attività dell’amministrazione, gli enti locali assicurano
l’accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato
e alle associazioni.
1. Lo statuto provinciale e quello comunale
possono prevedere l'istituto del difensore civico, il quale svolge un ruolo di
garante dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione
comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le
disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei
cittadini.
2. Lo statuto disciplina l'elezione, le
prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il
consiglio comunale o provinciale.
Capo
IV - Il comune
1. Spettano al comune tutte le funzioni
amministrative che riguardino la popolazione ed il territorio comunale
precipuamente nei settori organici dei servizi sociali, dell'assetto ed
utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia
espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale,
secondo le rispettive competenze.
2. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in
ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione
con altri comuni e con la provincia.
Art.
10. Compiti del comune per servizi di competenza statale
1. Il comune gestisce i servizi elettorali, di
anagrafe, di stato civile, di statistica e di leva militare.
2. le relative funzioni sono esercitate dal
sindaco quale ufficiale del Governo.
3. Ulteriori funzioni amministrative per servizi
di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola
anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie.
Art.
11. Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni
1. A norma degli articoli 117 e 133 della
Costituzione, le regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei
comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge
regionale Salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere istituiti
nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10000 abitanti o la cui costituzione
comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite.
2. Le regioni predispongono, concordandolo con i
comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli
ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato
anche attraverso le unioni, che puó prevedere altresí la modifica di
circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e
incentivi alla progressiva unificazione. Il programma é aggiornato ogni tre
anni, tenendo anche conto delle unioni costituite ai sensi dell'articolo 26.
(comma così sostituito dall'articolo 6, comma 1, lettera a), della legge n.
265 del 1999)
3. La legge regionale che istituisce nuovi
comuni, mediante fusione di due o più comuni contigui, prevede che alle comunità
di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione
e di decentramento dei servizi.
4. Al fine di favorire la fusione dei comuni,
oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi
alla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota
dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.
(comma così modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera b), della legge n.
265 del 1999)
5. (comma abrogato dall'articolo 6, comma 1, lettera c), della legge n. 265 del 1999)
1. Lo statuto comunale può prevedere
l'istituzione di municipi nei territori delle comunità di cui all'articolo 11,
comma 3.
2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione
e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio
universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste
per gli amministratori dei comuni con pari popolazione.
(articolo così sostituito dall'articolo 6, comma 2, della legge n. 265 del
1999)
Art.
13 Circoscrizioni di decentramento comunale
1. I comuni con popolazione superiore a 100.000
abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di
decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione
di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.
2. L'organizzazione e le funzioni delle
circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito
regolamento.
3. I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i
100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le
circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2.
4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano
le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'ambito dell'unità del
comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.
(comma così sostituito dall'articolo 8, comma 1, della legge n. 265 del
1999)
5. Nei comuni con popolazione superiore a
trecentomila abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate
forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale,
determinando altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni
aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status
dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il
consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri
assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni
esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi
della normativa statutaria.
(comma così sostituito dall'articolo 8, comma 2, della legge n. 265 del
1999)
6. È abrogata la legge 8 aprile 1976, n. 278, e
successive modifiche e integrazioni.
Capo
V - La provincia
1. Spettano alla provincia
le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone
intercomunali o l'intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a)
difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle
calamità;
b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c) valorizzazione dei beni culturali;
d) viabilità e trasporti;
e) protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali;
f) caccia e pesca nelle acque interne;
g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale,
rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni
atmosferiche e sonore;
h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla
legislazione statale e regionale;
i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed
alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla
legislazione statale e regionale;
l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti
locali.
2. La provincia, in collaborazione con i comuni e
sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività nonché
realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico,
produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e
sportivo.
(comma così modificato dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 265 del
1999)
3. La gestione di tali attività ed opere avviene
attraverso le forme previste dalla presente legge per la gestione dei servizi
pubblici.
Art.
15 Compiti di programmazione
1. La provincia:
a)
raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della
programmazione economica, territoriale ed ambientale della regione;
b) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli
altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale;
c) formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del
programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere
generale che settoriale e promuove il coordinamento dell'attività
programmatoria dei comuni.
2. La provincia, inoltre, predispone ed adotta il
piano territoriale di coordinamento che, ferme restando le competenze dei comuni
ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, determina
indirizzi generali di assetto del territorio e, in particolare, indica:
a)
le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione
delle sue parti;
b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali
linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed
idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la
regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
3. I programmi pluriennali e il piano
territoriale di coordinamento sono trasmessi alla regione ai fini di accertarne
la conformità agli indirizzi regionali della programmazione socioeconomica e
territoriale.
4. La legge regionale detta le procedure di
approvazione nonché norme che assicurino il concorso dei comuni alla formazione
dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento.
5. Ai fini del coordinamento e dell'approvazione
degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la
provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla regione ed ha, in ogni
caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti con le
previsioni del piano territoriale di coordinamento.
6. Gli enti e le amministrazioni pubbliche,
nell'esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali
di coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi pluriennali.
Art.
16. Circondari e revisione delle circoscrizioni provinciali
1. La provincia, in relazione all'ampiezza e
peculiarità del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità
dei servizi, può disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio
territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi
e la partecipazione dei cittadini.
1- bis. Nel rispetto della disciplina regionale,
in materia di circondario, lo statuto della provincia può demandare ad un
apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del circondario,
con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la previsione della
nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta
dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno dei comuni
appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza,
promozione e coordinamento. Al presidente del circondario si applicano le
disposizioni relative allo status del presidente del consiglio di comune con
popolazione pari a quella ricompresa nel circondario.
(comma introdotto dall'articolo 8, comma 3, della legge n. 265 del 1999)
2. Per la revisione delle circoscrizioni
provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa
di cui all'articolo 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri
ed indirizzi:
a)
ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si
svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della
popolazione residente;
b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza,
entità demografica, nonché per le attività produttive esistenti o possibili,
da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il
riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e
regionale;
c) l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia;
d) l'iniziativa dei comuni, di cui all'articolo 133 della Costituzione, deve
conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che
rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area
stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni
territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;
f) l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di
uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti
pubblici;
g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al
territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi
e risorse finanziarie adeguati.
3. Ai sensi del secondo comma
dell'articolo 117 della Costituzione le regioni emanano norme intese a promuovere
e coordinare l'iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del comma 2.
Capo
VI - Aree metropolitane
(l'intero Capo VI, articoli da 17 a 20, è stato così sostituito dall'articolo
16 della legge n. 265 del 1999)
1. Sono considerate aree metropolitane le zone
comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze,
Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi
rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività
economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni
culturali e alle caratteristiche territoriali.
2. Su conforme proposta degli enti locali
interessati la regione procede entro centottanta giorni alla delimitazione
territoriale dell'area metropolitana. Qualora la regione non provveda entro il
termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita la regione
a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla
delimitazione dell'area metropolitana.
3. Restano ferme le città metropolitane e le aree
metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale.
1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo
17, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità
territoriale e da rapporti di stretta integrazione ambientale e in ordine
all'attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle
relazioni sociali e culturali possono costituirsi in città metropolitane ad
ordinamento differenziato.
2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali
interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia
convocano l'assemblea degli enti locali interessati. L'assemblea, su conforme
deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della città
metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione
interna e le funzioni.
3. La proposta di
istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di
ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se
la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al
voto espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata
dalla regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per
l'approvazione con legge.
4. All'elezione degli organi
della città metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi della legge
7 giugno 1991, n. 182, e successive modificazioni.
5. La città metropolitana,
comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il
decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identità delle
originarie collettività locali.
6. Quando la città
metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla
nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove
province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 16, considerando
l'area della città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto
speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai princìpi contenuti nel
presente comma.
7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.
Art.
19. Esercizio coordinato delle funzioni
1. Fino all'istituzione
della città metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali
interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle
funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione,
nelle seguenti materie:
a)
pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di traffico intercomunali;
d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione commerciale;
i) attività culturali;
l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 36, comma 3.
Art.
20. Revisione delle circoscrizioni territoriali
1. Istituita la città metropolitana, la regione,
previa intesa con gli enti locali interessati, può procedere alla revisione
delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana.
Art.
21. Delega al Governo
(articolo soppreso con la sostituzione del Capo VI ad opera dell'articolo
167 della legge n. 265 del 1999)
Capo
VII - Servizi
Art.
22. Servizi pubblici locali
1. I comuni e le province, nell'ambito delle
rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano
per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e
a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
2. I servizi riservati in via esclusiva ai comuni
e alle province sono stabiliti dalla legge.
3. I comuni e le province possono gestire i
servizi pubblici nelle seguenti forme:
a)
in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio
non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;
b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e
di opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza
economica ed imprenditoriale;
d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza
imprenditoriale;
e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale
pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio,
qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del
servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati.
(la lettera e) é stata cosÏ sostituita dall'articolo 17, comma 58, della
legge 15 maggio 1997, n. 127)
Art.
23. Aziende speciali ed istituzioni
1. L'azienda speciale è ente strumentale
dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale
e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.
2. L'istituzione é organismo strumentale
dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia
gestionale.
3. Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il
consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la
responsabilità gestionale. Le modalità di nomina e revoca degli amministratori
sono stabilite dallo statuto dell'ente locale.
4. L'azienda e l'istituzione informano la loro
attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l'obbligo
del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei
ricavi, compresi i trasferimenti.
5. Nell'ambito della legge, l'ordinamento ed il
funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai
regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai
regolamenti dell'ente locale da cui dipendono.
6. L'ente locale conferisce il capitale di
dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti
fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione;
provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.
7. Il collegio dei revisori dei conti dell'ente
locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni. Lo statuto
dell'azienda speciale prevede un apposito organo di revisione nonché forme autonome
di verifica della gestione.
Capo
VIII - Forme associative e di cooperazione. Accordi di programma
1. Al fine di svolgere in modo coordinato
funzioni e servizi determinati, i comuni e le province possono stipulare tra
loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la
durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti
finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno
specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la regione,
nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione
obbligatoria fra i comuni e le province, previa statuizione di un
disciplinare-tipo.
3-bis. Le convenzioni di cui al presente articolo
possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale
distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni
pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di
funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi,
che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.
(comma aggiunto dall'articolo 6, comma 4, della legge n. 265 del 1999)
1. I comuni e le province, per la gestione
associata di uno o più servizi possono costituire un consorzio secondo le norme
previste per le aziende speciali di cui all’articolo 23, in quanto
compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, ivi comprese
le comunità montane, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle
quali sono soggetti.
(comma così modificato dall'art. 5, decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361,
convertito dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437 )
2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a
maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell’articolo 24,
unitamente allo statuto del consorzio.
3. In particolare la convenzione deve
disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a
quanto disposto dai commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 36, e dalla lettera n)
del comma 2 dell'articolo 32, e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti,
degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto deve disciplinare
l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili.
(comma così modificato dall'art. 5, decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361,
convertito dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437 )
4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e
dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi
rappresentanti legali anche enti diversi da comuni e province, l'assemblea del
consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del
sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari
alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.
(comma così sostituito dall'art. 5, decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361,
convertito dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437 )
5. L’assemblea elegge il consiglio di
amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6. Tra gli stessi comuni e province non può
essere costituito più di un consorzio.
7. In caso di rilevante interesse pubblico, la
legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per
l’esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda
l’attuazione alle leggi regionali.
7-bis. Ai consorzi che gestiscono attività
aventi rilevanza economica e imprenditoriale, ai consorzi creati per la gestione
dei servizi sociali se previsto nello statuto, si applicano, per quanto attiene
alla finanza, alla contabilità ed al regime fiscale, le norme previste per le
aziende speciali. Agli altri consorzi si applicano le norme dettate per gli enti
locali.
(comma aggiunto dall'art. 5, decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361,
convertito dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437 )
Art.
26. Unione di comuni
1. Le unioni di comuni sono enti locali
costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare
congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza.
2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione
sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la
maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli
organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì
le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3. Lo statuto deve comunque prevedere il
presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve
prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei
consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
4. L'unione ha potestà regolamentare per la
disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad
essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni.
5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto
compatibili, i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni. Alle unioni competono
gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi
ad esse affidati.
(articolo così sostituito dall'articolo 6, comma 5, della legge n. 265 del
1999)
Art.
26-bis. Esercizio associato delle funzioni
1. Al fine di favorire il processo di
riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le
regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'ambito del programma
territoriale di cui all'articolo 11, comma 2, le forme di incentivazione
dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale
previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a
quanto stabilito dagli articoli 11, 24 e 26, le regioni si attengono ai seguenti
princípi fondamentali:
a) nella disciplina delle incentivazioni:
1)
favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la
corresponsione dei benefìci in relazione al livello di unificazione, rilevato
mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle
caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale
da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2) prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi dl
fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale;
b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun
vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefìci da corrispondere
alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli
comunali interessati, di procedere alla fusione.
(articolo introdotto dall'articolo 6, comma 6, della legge n. 265 del 1999)
1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di
interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa
realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni
di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più
tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della
provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalenti
sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la
conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei
soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per
determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso
adempimento.
2. L'accordo può prevedere altresì procedimenti
di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei
soggetti partecipanti.
3. Per verificare la possibilità di concordare
l'accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della
provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le
amministrazioni interessate.
4. L'accordo, consistente nel consenso unanime
del Presidente della regione, del Presidente della provincia, dei sindaci e
delle altre amministrazioni interessate, é approvato con atto formale del
presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed é
pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L'accordo, qualora adottato
con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di
cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti
urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso
del comune interessato.
(il comma 4 é stato cosÏ modificato dall'articolo 17, comma 9, della legge
15 maggio 1997, n. 127)
5. Ove l'accordo comporti
variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve
essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di
decadenza.
5-bis. Per l'approvazione di progetti di opere
pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione e per le quali siano
immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei
precedenti commi. L'approvazione dell'accordo di programma comporta la
dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime
opere; tale dichiarazione cessa di efficacia se le opere non hanno avuto inizio
entro tre anni.
(il comma 5-bis é stato introdotto dall'articolo 17, comma 8, della legge 15
maggio 1997, n. 127)
6. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di
programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio
presieduto dal presidente della regione o dal presidente della provincia o dal
sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal
commissario del Governo nella regione o dal prefetto nella provincia interessata
se all'accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.
7. Allorché l'intervento o il programma di
intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione
dell'accordo di programma é promossa dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di
vigilanza di cui al comma 6 é in tal caso presieduto da un rappresentante della
Presidenza del Consiglio dei ministri ed é composto dai rappresentanti di tutte
le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei
ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 6 al commissario del Governo
ed al prefetto.
8. La disciplina di cui al presente articolo si
applica a tutti gli accordi di programma previsti da leggi vigenti relativi
ad opere, interventi o programmi di intervento di competenza delle regioni,
delle province o dei comuni, salvo i casi in cui i relativi procedimenti siano
già formalmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge.
Restano salve le competenze di cui all'articolo 7 della legge 1 marzo 1986,
n. 64.
Capo
IX - Comunità montane
1. Le comunità montane sono unioni montane, enti
locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti
a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di
funzioni proprie, di funzioni delegate e per l'esercizio associato delle
funzioni comunali.
2. La comunità montana ha un organo
rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o
consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente puó cumulare la carica con
quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni
della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il
sistema del voto limitato.
3. La regione individua, concordandoli nelle sedi
concertative di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità
montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della
montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della
comunità montana avviene con provvedimento del presidente della giunta
regionale.
4. La legge regionale disciplina le comunità
montane stabilendo:
a)
le modalità di approvazione dello statuto;
b) le procedure di concertazione;
c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti
regionali e di quelli dell'Unione europea;
e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5 . La legge regionale puó escludere dalla
comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione
residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione
complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con
popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i
rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la
montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La
legge regionale può prevedere, altresí, per un piú efficace esercizio delle
funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l'inclusione dei comuni
confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte
integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.
6. Al comune montano nato dalla fusione dei
comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono
assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme
comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in
cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge
regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della
comunità montana.
7 . Le disposizioni di cui al comma 6 possono
essere applicate dalle regioni, d'intesa con i comuni interessati, anche
all'unione di comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità
montana.
8. Ai fini della graduazione e differenziazione
degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le
regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito
territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio,
tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle
difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica,
dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.
9. Ove in luogo di una preesistente comunità montana
vengano costituite piú comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso
i trasferimenti erariali attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione
dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 504, e successive modificazioni.
(articolo così sostituito dall’articolo 7, comma 1, della legge n. 265 del
1999)
1. Spettano alle comunità montane le funzioni
attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla
Comunità economica europea o dalle leggi statali e regionali.
2. L'esercizio associato di funzioni proprie dei
comuni o a questi delegate dalla regione spetta alle comunità montane. Spetta
altresì alle comunità montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse
delegata dai comuni, dalla provincia e dalla regione.
3. Le comunità montane adottano piani
pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a
perseguire gli obiettivi dello sviluppo socioeconomico, ivi compresi quelli
previsti dalla Comunità economica europea, dallo Stato e dalla regione, che
possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di
esecuzione del piano.
4. Le comunità montane, attraverso le
indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla
formazione del piano territoriale di coordinamento.
5. Il piano pluriennale di sviluppo
socio-economico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle comunità montane ed
approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale.
6. Le regioni provvedono, mediante gli
stanziamenti di cui all'articolo l della legge 23 marzo 1981, n. 93, a
finanziare i programmi annuali operativi delle comunità montane, sulla base del
riparto di cui al numero 3) del quarto comma del l'articolo 4 della legge 3
dicembre 1971, n. 1102, ed all'articolo 2 della citata legge n. 93 del 1981.
7 Sono abrogati:
a)
l'articolo 1 della legge 25 luglio 1952, n. 991, come sostituito dall'articolo
unico della legge 30 luglio 1957, n. 657, ed il secondo comma dell'articolo 14
della citata legge n. 991 del 1952;
b) gli articoli 3, 5 e 7 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102.
8. (abrogato dall'articolo 7, comma 3, della
legge n. 265 del 1999)
Capo
X - Organi del comune e della provincia
1. Sono organi del comune il consiglio, la
giunta, il sindaco.
2. Sono organi della provincia il consiglio, la
giunta, il presidente.
Art.
31. Consigli comunali e provinciali
1. L’elezione dei consigli comunali e
provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro
posizione giuridica sono regolati dalla legge. Il funzionamento dei consigli,
nel quadro dei princípi stabiliti dallo statuto, é disciplinato dal
regolamento, approvato a maggioranza assoluta , che prevede, in particolare, le
modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle
proposte. Il regolamento indica altresí il numero dei consiglieri necessario
per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la
presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza
computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.
(comma così modificato dall'articolo 11, comma 1, della legge n. 265 del
1999)
1- bis. I consigli sono dotati di autonomia
funzionale ed organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province
fissano le modalità attraverso le quali fornire ai consigli servizi,
attrezzature e risorse finanziarie, potendo altresí prevedere, per i comuni con
popolazione superiore a quindicimila abitanti e per le province, strutture
apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 1
i consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il
proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente
costituiti.
(comma introdotto dall'articolo 11, comma 2, della legge n. 265 del 1999)
2. I consiglieri entrano in carica all'atto della
proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio
la relativa deliberazione.
2-bis. Le dimissioni dalla carica di consigliere,
indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere assunte immediatamente al
protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione. Esse sono
irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente efficaci. Il
consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei
consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l'ordine di
presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo
alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo
scioglimento del consiglio a norma dell'articolo 39, comma 1, lettera b), numero
2), della presente legge.
(il comma 2-bis é stato introdotto dall'articolo 5, comma 1, della legge 15
maggio 1997, n. 127)
(per le modalità di presentazione delle dimissioni e il computo dei
consiglieri, si veda la Circolare del Ministero dell'Interno in data 8 aprile
1998, n. 4/98)
3. I consigli durano in carica sino all'elezione
dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei
comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti ed improrogabili.
3- bis. I consigli provinciali e i consigli
comunali dei comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti sono
presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del
consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri
di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando
lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del
consiglio sono esercitate dal consigliere anziano ai sensi dell'articolo 1,
comma 2- ter, della legge 25 marzo 1993, n. 81. Nei comuni con popolazione sino
a quindicimila abitanti lo statuto puó prevedere la figura del presidente del
consiglio.
(comma introdotto dall'articolo 11, comma 3, della legge n. 265 del 1999)
4. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si
avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il
regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina
l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori.
5. I consiglieri comunali e provinciali hanno
diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia,
nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le
informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi
sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.
6. I consiglieri comunali e provinciali hanno
diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del
consiglio. Hanno inoltre il diritto di presentare interrogazioni e mozioni.
6-bis. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza
per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il
diritto del consigliere a far valere le cause giustificative.
(comma introdotto dall'articolo 11, comma 4, della legge n. 265 del 1999)
7. Il presidente del consiglio comunale o
provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore a
venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il
presidente della provincia, inserendo all’ordine del giorno le questioni
richieste.
(comma così modificato dall'articolo 11, comma 5, della legge n. 265 del
1999)
7-bis. Nei casi in cui il consiglio é presieduto
dal sindaco o dal presidente della provincia, questi ultimi provvedono alla
convocazione del consiglio ai sensi del comma 7.
7-ter. Il presidente del consiglio comunale o
provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari
e ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio.
(comma introdotto dall'articolo 11, comma 6, della legge n. 265 del 1999)
8. Le sedute del consiglio e delle commissioni
sono pubbliche, salvi i casi previsti dal regolamento.
Art.
32. Competenze dei consigli
1. Il consiglio é l'organo di indirizzo e di
controllo politico-amministrativo.
2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai
seguenti atti fondamentali:
a)
gli statuti dell'ente e delle aziende speciali, i regolamenti, l'ordinamento
degli uffici e dei servizi;
b) i programmi, le relazioni previsionali e programmatiche, i piani finanziari,
i programmi triennali e l'elenco annuale dei lavori pubblici, i bilanci annuali
e pluriennali e relative variazioni, i conti consuntivi, i piani territoriali ed
urbanistici, i programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, le
eventuali deroghe ad essi, i pareri da rendere nelle dette materie;
(la lettera b) é stata prima modificata dall'articolo 5, comma 5, della
legge n. 127 del 1997 e cosÏ nuovamente modificata dall'articolo 4, comma 2,
della legge n. 415 del 1998)
c) (soppressa dall'articolo 5, comma 6, della legge 15 maggio
1997, n. 127)
d) le convenzioni tra i comuni e quelle tra comuni e provincia, la
costituzione e la modificazione di forme associative;
e) l'istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento degli organismi di
decentramento e di partecipazione;
f) l'assunzione diretta dei pubblici servizi, la costituzione di istituzioni e
di aziende speciali, la concessione dei pubblici servizi, la partecipazione
dell'ente locale a società di capitali, l'affidamento di attività o servizi
mediante convenzione;
g) l'istituzione e l'ordinamento dei tributi, la disciplina generale delle
tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;
h) gli indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti
dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
i) la contrazione dei mutui non previsti espressamente in atti fondamentali del
consiglio comunale e la emissione dei prestiti obbligazionari;
l) le spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle
relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni
e servizi a carattere continuativo;
m) gli acquisti e le alienazioni immobiliari, le relative permute, gli appalti e
le concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del
consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non
rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza
della giunta, del segretario o di altri funzionari;
n) la definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei
rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonché la nomina
dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso
espressamente riservata dalla legge.
3. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di
cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri
organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni
di bilancio da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi,
a pena di decadenza.
(si veda in proposito la Circolare del Ministero dell'interno F.L. 25/97
del 1 ottobre 1997)
Art.
33. Composizione delle giunte
1. La giunta comunale e la giunta provinciale
sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che
la presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non
deve essere superiore ad un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei
consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il
presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unità.
(il comma 1 ha sostituito i precedenti commi 1 e 2 in forza dell'articolo 11,
comma 7, della legge n. 265 del 1999)
(in via transitoria, fino all'adozione delle modifiche statutarie, la
composizione delle giunte è disciplinata dall’articolo 11, comma 8, della
legge n. 265 del 1999)
3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000
abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal
presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra
i cittadini in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla
carica di consigliere.
4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000
abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti
parte del consiglio, in possesso dei requisiti di compatibilità e di eleggibilità
alla carica di consigliere.
(la composizione delle giunte é ora disciplinata dall'articolo 1, commi 173
e 173-bis, della legge 23 dicembre 197, n. 662)
Art.
34. Elezione del sindaco e del presidente della provincia. Nomina della giunta
1. Il sindaco e il presidente della provincia
sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le
disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi consigli.
2. Il sindaco e il presidente della provincia
nominano i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente,
e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla
elezione.
(comma così modificato dall’articolo 11, comma 9, della legge n. 265 del
1999)
2- bis. Entro il termine fissato dallo statuto ,
il sindaco o il presidente della provincia, sentita la giunta, presenta al
consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da
realizzare nel corso del mandato. Lo statuto disciplina altresí i modi della
partecipazione del consiglio alla definizione, all'adeguamento e alla verifica
periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del
presidente della provincia e dei singoli assessori.
(comma introdotto dall’articolo 11, comma 10, della legge n. 265 del 1999)
3. (comma abrogato dall'articolo 11, comma 11,
della legge n. 265 del 1999)
4. Il sindaco può revocare uno o più assessori,
dandone motivata comunicazione al consiglio.
Art.
35. Competenze delle giunte
1. La giunta collabora con il sindaco o con il
presidente della provincia nell'amministrazione del comune o della provincia ed
opera attraverso deliberazioni collegiali.
2. La giunta compie gli atti di amministrazione
che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non rientrino nelle
competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente
della provincia, degli organi di decentramento, del segretario o dei funzionari
dirigenti, collabora con il sindaco e con il presidente della provincia
nell'attuazione degli indirizzi generali del consiglio, riferisce annualmente al
consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di impulso
nei confronti dello stesso.
2-bis. E' altresÏ di competenza della giunta l'adozione
dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei
criteri stabiliti dal consiglio.
(il comma 2-bis é stato introdotto dall'articolo 5, comma 4, della legge
15 maggio 1997, n. 127)
Art.
36. Competenze del sindaco e del presidente della provincia
01. Il sindaco e il presidente della provincia
sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia.
1. Il sindaco e il presidente della provincia
rappresentano l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio
quando non é previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al
funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti.
2. Essi esercitano le funzioni loro attribuite
dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresÏ
all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al
comune e alla provincia.
3. Il sindaco coordina e riorganizza, sulla base
degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri
eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei
pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili
territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di
apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine
di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali
degli utenti.
(comma così sostituito dall'articolo 11, comma 12, della legge n. 265 del
1999)
4. In caso di inosservanza degli obblighi di
convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto.
5. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal
consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina,
alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia
presso enti, aziende ed istituzioni.
5-bis. Tutte le nomine e le designazioni debbono
essere effettuate entro quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro i
termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale
di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell'articolo 48.
5-ter. Il sindaco e il presidente della provincia
nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono
gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità
ed i criteri stabiliti dall'articolo 51 della presente legge, nonché dai
rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali.
6. Il sindaco e il presidente della provincia
prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di
osservare lealmente la Costituzione italiana.
(comma così sostituito dall'articolo 4, comma 1, della legge 15 maggio 1997,
n. 127)
7. Distintivo del sindaco è a fascia tricolore
con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla.
Distintivo del presidente della provincia é una fascia di colore azzurro con
lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a
tracolla.
(comma sostituito dall’art. 4, comma 2, della legge n. 127 del 1997 e poi
modificato dall'art. 11, comma 14, della legge n. 265 del 1999)
1. Il voto del consiglio comunale o del consiglio
provinciale contrario ad una proposta del sindaco, del presidente della
provincia o delle rispettive giunte non comporta le dimissioni degli stessi.
2. Il sindaco, il presidente della provincia e le
rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di
sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti
il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da
almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il
sindaco e il presidente della provincia,e viene messa in discussione non prima
di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione
viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un
commissario ai sensi delle leggi vigenti.
(comma così modificato dall'art. 11, comma 15, della legge n. 265 del 1999)
Art.
37-bis. Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione, decesso
del sindaco
1. In caso di impedimento permanente, rimozione,
decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta
decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la giunta
rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o
presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco
e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e
dal vicepresidente.
(comma così modificato dall'articolo 8, comma 4, lettera a), della legge n.
120 del 1999)
2. Il vicesindaco ed il vicepresidente
sostituiscono il sindaco e il presidente della provincia in caso di assenza o di
impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall'esercizio della
funzione adottata ai sensi dell'articolo 15, comma 4-bis, della legge 19 marzo
1990, n. 55, come modificato dall'articolo 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16.
3. Le dimissioni presentate dal sindaco o dal
presidente de lla provincia diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il
termine di venti giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si
procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina di un
commissario.
(comma così sostituito dall'articolo 8, comma 4, lettera b), della legge n.
120 del 1999)
4. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale
determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia
nonché delle rispettive giunte.
Art.
38. Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale
1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo,
sovraintende:
a)
alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti
demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di
statistica;
b) alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai
regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica, di sanità e di igiene
pubblica;
c) allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria,
delle funzioni affidategli dalla legge;
d) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine
pubblico, informandone il prefetto.
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo,
adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento
giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità ed igiene,
edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può
richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica.
2-bis. In casi di emergenza, connessi con il
traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di
circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza, il
sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici
esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili
territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di
apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando
i provvedimenti di cui al comma 2.
(comma introdotto dall'articolo 11, comma 16, della legge n. 265 del 1999)
3. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2
é rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito,
il sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza
pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui fossero incorsi.
4. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le
funzioni di cui al presente articolo.
5. Nell'ambito dei servizi di cui al presente
articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare
funzionamento dei servizi stessi nonché per l'acquisizione di dati e notizie
interessanti altri servizi di carattere generale.
6. Nelle materie previste dalle lettere a), b),
c) e d) del comma 1, nonché dall'articolo 10, il sindaco, previa comunicazione
al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente
del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di
decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega ad un consigliere
comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.
7. Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni
non adempia ai compiti di cui al presente articolo, il prefetto può nominare un
commissario per l'adempimento delle funzioni stesse.
8. Alle spese per il commissario provvede l'ente
interessato.
9. Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di
cui al comma 2, il prefetto provvede con propria ordinanza.
(i commi 2, 3, 7 e 9 sono stati implicitamente modificati dall'articolo 117
del decreto legislativo n. 112 del 1998, secondo il quale il Sindaco, in materia
di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, agisce quale rappresentante della
comunità locale; di diverso avviso il Ministero dell'interno con circolare 10
ottobre 1998, n. 4)
Capo
XI - Controllo sugli organi
Art.
39. Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali
1. I consigli comunali e provinciali vengono
sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
dell'interno:
a) quando compiano atti contrari alla
Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi
motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale
funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1)
impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del
presidente della provincia;
1- bis ) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia
(il numero 1) della lettera b) è stato così modificato e il n. 1-bis
introdotto dall’art. 8, comma 5, legge n. 120 del 1999)
2) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con
atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente,
della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco
o il presidente della provincia;
(il numero 2) della lettera b) è stato così sostituito dall’articolo 5,
comma 2, legge n. 127 del 1997)
2-bis) riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga
alla metà dei componenti del consiglio;
(il numero 2-bis della lettera b) è stato introdotto dall’articolo 5,
comma 3, legge n. 127 del 1997)
(per quanto riguarda le modalità di presentazione delle dimissioni e il computo
dei consiglieri, si veda la Circolare del Ministero dell'Interno in data 8
aprile 1998, n. 4/98)
c) quando non sia approvato nei termini il
bilancio.
2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma
1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza
che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l'organo regionale di
controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per
sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia
approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta,
l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai
singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua
approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario,
all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo é data
comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del
consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli previsti dal numero
1) della lettera b) del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla
nomina di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con il
decreto stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di
scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla
legge.
5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto
dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori,
gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento é allegata la
relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell'adozione del
decreto di scioglimento é data immediata comunicazione al Parlamento. Il
decreto é pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai commi
precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di
grave e urgente necessità, può sospendere, per un periodo comunque non
superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un
commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente.
8. [abrogato].
Art.
40. Rimozione e sospensione di amministratori di enti locali
1. Con decreto del Presidente della Repubblica,
su proposta del Ministro dell'interno, il sindaco, il presidente della
provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei
consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono
essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e
persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico.
2. In attesa del decreto, il prefetto può
sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di
grave e urgente necessità.
3. Sono fatte salve le disposizioni dettate dall'articolo
15 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
Art.
41. Comitato regionale di controllo
1. Per l'esercizio del controllo di legittimità
previsto dall'articolo 130 della Costituzione, é istituito, con decreto del
presidente della giunta regionale, il comitato regionale di controllo sugli atti
dei comuni e delle province.
2. La legge regionale può articolare il comitato
in sezioni per territorio o per materia, salvaguardando con forme opportune
l'unitarietà di indirizzo.
3. A tal fine la regione, in collaborazione con
gli uffici del comitato, cura la pubblicazione periodica delle principali
decisioni del comitato regionale di controllo con le relative motivazioni di
riferimento.
Articoli
42, 43 e 44 (omissis)
Art.
45 (abrogato dall'articolo 17, comma 31, della legge n. 127 del
1997)
(soppravvive il solo comma 2, lettera a, per l'indicazione delle materie per
le quali resta in essere il controllo prefettizio ai sensi dell'art. 16 legge
n. 55 del 1990 - Per modalità e termini del controllo il riferimento é ora
l'art. 17, comma 38, legge n. 127 del 1997 )
(Si veda la Circolare del Ministero dell'Interno n. 3 del 1998)
1.(omissis)
2. Le deliberazioni di competenza delle giunte
nelle materie sottoelencate sono sottoposte al controllo nei limiti delle
illegittimità denunciate, quando ... (omissis)
a)
acquisti, alienazioni, appalti ed in generale tutti i contratti;
b) (omissis)
c) (omissis)
3. (omissis)
4. (omissis)
5. (omissis)
Art.
46 (abrogato dall'articolo 17, comma 31, della legge n. 127 del
1997)
Art.
47. Pubblicazione ed esecutività delle deliberazioni
1. Tutte le deliberazioni comunali e provinciali
sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per
quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge.
2. Le deliberazioni non soggette al controllo
preventivo di legittimità diventano esecutive dopo il decimo giorno dalla loro
pubblicazione.
3. Nel caso di urgenza le deliberazioni del
consiglio o della giunta possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con
il voto espresso dalla maggioranza dei componenti.
Art.
48 (abrogato dall'articolo 17, comma 31, della legge n. 127 del
1997)
(prevedeva gli interventi sostitutivi dell'organo di controllo ora disciplinati
dall'art. 17, comma 45, legge 15 maggio 1997, n. 127)
Art.
49. Controllo e vigilanza nei confronti di enti diversi dai comuni e dalle province
1. Salvo diverse disposizioni recate dalle leggi
vigenti, alle unità sanitarie locali, ai consorzi, alle unioni di comuni e alle
comunità montane si applicano le norme sul controllo e sulla vigilanza dettate
per i comuni e per le province.
1. I pareri obbligatori delle amministrazioni
statali, anche ad ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni altro ente
sottoposto a tutela statale, regionale e subregionale, prescritti da qualsiasi
norma avente forza di legge ai fini della programmazione, progettazione ed
esecuzione di opere pubbliche o di altre attività degli enti locali, sono
espressi entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta, sempre che la
legge non prescriva un termine minore.
2. Il termine, previa motivata comunicazione
all'ente locale interessato da parte dell'amministrazione chiamata ad esprimere
il parere, é prorogato per un tempo pari a quello del termine originario.
3. Decorso infruttuosamente il termine originario,
ovvero il termine prorogato, si prescinde dal parere.
Art.
51. Organizzazione degli uffici e del personale
01. Ferme restando le disposizioni dettate dalla
normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari di
cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e
successive modificazioni, i comuni, le province e gli altri enti locali
territoriali, nel rispetto dei princípi fissati dalla presente legge,
provvedono alla determinazione delle proprie dotazioni organiche, nonché
all'organizzazione e gestione del personale nell'ambito della propria autonomia
normativa e organizzativa, con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità
di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei
compiti loro attribuiti. E' conseguentemente abrogato l'articolo 2 del decreto
del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347. Nell'organizzazione e
gestione del personale gli enti locali tengono conto di quanto previsto dalla
contrattazione collettiva di lavoro. Il personale assegnato ai comuni ai sensi
dell'ultimo periodo del comma 46 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, è collocato in un ruolo sovrannumerario ad esaurimento in attesa che si
rendano liberi posti nell'organico dell'ente di pari livello da destinare,
prioritariamente, a detto personale.
(comma introdotto dall'articolo 13, comma 1, della legge n. 265 del 1999)
1. I comuni e le provincie disciplinano con
appositi regolamenti, in conformità con lo statuto, l'ordinamento generale
degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed
economicità di gestione, e secondo princÏpi di professionalità e
responsabilità. Nelle materie soggette a riserva di legge ai sensi
dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la
potestà regolamentare degli enti si esercita tenendo conto della contrattazione
collettiva nazionale e comunque in modo da non determinarne disapplicazioni
durante il periodo di vigenza. Nelle materia non riservate alla legge il comma
2-bis dell'articolo 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni e integrazioni, si applica anche ai regolamenti di cui
al presente comma.
(comma cosÏ sostituito dall'articolo 6, comma 1, della legge 15 maggio 1997,
n. 127)
2. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici
e dei servizi secondo i criteri e le norme dettate dagli statuti e dai
regolamenti, che si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di
controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa é
attribuita ai dirigenti.
3. Spettano ai dirigenti tutti
i compiti, compresa l'adozione di atti che impegnano l'amministrazione verso
l'esterno, che la legge o lo statuto espressamente non riservino agli organi di
governo dell'ente. Sono ad essi attribuiti tutti i compiti di attuazione degli
obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati
dall'organo politico, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite
dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a)
la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti;
d) gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione degli impegni
di spesa;
e) gli atti di amministrazione e di gestione del personale;
f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio
presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto
di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di
indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie;
f-bis) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione
in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e
di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione
statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo
edilizio e paesaggistico-ambientale;
(la lettera f-bis é stata introdotta dall'articolo 2, comma 12, della legge
n. 191 del 1998 che ha modificato l'articolo 6, comma 2, della legge 15 maggio
1997, n. 127)
g) le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni,
legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di
conoscenza;
h) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a
questi, delegati dal sindaco.
(periodo del comma 3 cosÏ sostituito dall'articolo 6, comma 2, della legge
15 maggio 1997, n. 127)
3-bis. Nei comuni privi di
personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui al comma 3, fatta salva
l'applicazione del comma 68, lettera c), dell'articolo 17 della legge 15 maggio
1997, n. 127, possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del
sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla
loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.
3- ter. In attesa di
apposita definizione contrattuale, nei comuni di cui al comma 3- bis, ai
responsabili di uffici e servizi possono essere assegnate indennità di funzione
localmente determinate, nell'ambito delle complessive disponibilità di bilancio
dei comuni medesimi.
3-quater. Nei comuni tra
loro convenzionati per l'esercizio di funzioni amministrative o per
l'espletamento associato dei servizi, ai responsabili degli uffici o dei servizi
che svolgano la loro funzione anche per gli altri comuni, in attesa di apposita
definizione contrattuale, possono essere assegnate indennità di funzione in
deroga alle normative vigenti. La relativa maggiore spesa sarà rimborsata dagli
altri enti convenzionati nei termini previsti dalla convenzione.
(i commi 3-bis, 3-ter, 3-quater, hanno sostituito il precedente comma 3-bis
per effetto dell'articolo 2, comma 13, della legge n. 191 del 1998, che ha
sostituito l'articolo 6, comma 3, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in
precedenza il comma 3-bis recitava: ´Nei comuni privi di personale di
qualifica dirigenziale le funzioni di cui al comma 3 sono svolte dai
responsabili degli uffici o dei servizi.ª
(si vedano in proposito le Circolari del Ministero dell'interno
n. 15700 del 23 settembre 1997, n. 3/98 del 22 giugno 1998 e n. 4/98 del 10
ottobre 1998)
4. I dirigenti sono
direttamente responsabili, in relazione agli obiettivi dell'ente, della
correttezza amministrativa e dell'efficienza della gestione.
5. Lo statuto può prevedere
che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di
qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante
contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con
deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti
dalla qualifica da ricoprire.
5-bis. Il regolamento sull'ordinamento
degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza,
stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati,
al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti
e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica
da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore
al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area
direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti locali, il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e
le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica,
solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente,
contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari
dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da
ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore
al 5 per cento della dotazione organica dell'ente, o ad una unità negli enti
con una dotazione organica inferiore alle 20 unità. I contratti di cui al presente
comma non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del
presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente
a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per
il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato
della giunta, da una indennità ad personam commisurata alla specifica qualificazione
professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto
e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali.
Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in
stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo
contrattuale e del personale. Il contratto a tempo determinato é risolto di
diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi
nelle situazioni strutturalmente deficitarie di cui all'articolo 45 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni.
(comma 5-bis introdotto dall'articolo 6, comma 4, della legge 15 maggio 1997,
n. 127)
6. Gli incarichi dirigenziali
sono conferiti a tempo determinato, con provvedimento motivato e con le modalità
fissate dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo
criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel
programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono
revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente
della provincia, della giunta o dell’assessore di riferimento (vedi nota),
o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli
obiettivi a loro assegnati nel piano esecutivo di gestione previsto
dall’articolo 11 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive
modificazioni, o per responsabilità particolarmente grave o reiterata e negli
altri casi disciplinati dall’articolo 20 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni, e dai contratti collettivi di lavoro.
L’attribuzione degli incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione
di funzioni di direzione a seguito di concorsi.
(comma così sostituito dall’articolo 6, comma 7, della legge n. 127 del 1997)
(in applicazione del combinato disposto dell'articolo 21, comma 2, del decreto
legislativo n. 20 del 1993 e dell'articolo 13 della preintesa del c.c.n.l. della
dirigenza enti locali del 2000, non «l'inosservanza delle direttive»
bensì solo «la grave inosservanza delle direttive» può determinare la
revoca degli incarichi dirigenziali)
7. Per obiettivi determinati e
con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne
ad alto contenuto di professionalità. Il regolamento sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi può inoltre prevedere la costituzione di uffici posti alle
dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o
degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro
attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente, ovvero, purché
l'ente non abbia dichiarato il dissesto e non versi nelle situazioni
strutturalmente deficitarie di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, da collaboratori assunti con
contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica
amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni. Al personale
assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il
contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali. Con
provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al precedente periodo
il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può
essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro
straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della
prestazione individuale.
(comma cosÏ modificato dall'articolo 6, comma 8, della legge 15 maggio 1997,
n. 127, come successivamente modificato dall'articolo 2, commi 15 e 16, della
legge n. 191 del 1998)
(si veda in proposito la Circolare del Ministero dell'interno
n. 15700 del 23 settembre 1997)
8. (abrogato dall'articolo 74, comma 3,
decreto legislativo n. 29 del 1993)
9. (abrogato dall'articolo 74, comma 3,
decreto legislativo n. 29 del 1993)
10. (abrogato dall'articolo 74, comma 3,
decreto legislativo n. 29 del 1993)
11. Le norme del presente articolo si applicano
anche agli uffici ed al personale degli enti dipendenti, dei consorzi e delle
comunità montane, salvo quanto diversamente previsto dalla legge.
Art.
51-bis. Direttore generale
1. Il sindaco nei comuni con popolazione
superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa
deliberazione della giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore
generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo
determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli
uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi
stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal
sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione
dell'ente, perseguendo i livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in
particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di
obiettivi previsto dalla lettera a) del comma 2 dell'articolo 40 del decreto
legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, nonché la proposta di piano esecutivo di
gestione previsto dall'articolo 11 del predetto decreto legislativo n. 77 del
1995. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle
funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del
comune e della provincia.
2. Il direttore generale é revocato dal sindaco
o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o
provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del
sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000
abitanti é consentito procedere alla nomina del direttore generale previa
stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungono i
15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla
gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
4. Quando non risultino stipulate le convenzioni
previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia
stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal
presidente della provincia al segretario.
(articolo introdotto dall'articolo 6, comma 10, della legge 15 maggio 1997,
n. 127)
Art.
52. Segretari comunali e provinciali (abrogato dall'articolo
17, comma 86, della legge n. 127 del 1997)
Art.
53. Responsabilità del segretario degli enti locali e dei dirigenti dei servizi
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta
alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere
richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del
servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di
entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I
pareri sono inseriti nella deliberazione.
(comma modificato dall’art. 17, comma 85, della legge n. 127 del 1997 e poi
sostituito dall'art. 13, comma 3, della legge n. 265 del 1999)
(si vedano in proposito le Circolari del Ministero dell'interno F.L. 25/97
del 1 ottobre 1997 e n. 15700 del 23 settembre 1997)
2. Nel caso in cui l'ente non abbia funzionari
responsabili dei servizi, il parere é espresso dal segretario dell'ente, in
relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via
amministrativa e contabile dei pareri espressi.
4. (soppresso dall'articolo 17, comma 86, della
legge 15 maggio 1997, n. 127)
Art.
54. Finanza locale
1. L'ordinamento della finanza locale è
riservato alla legge.
2. Ai comuni e alle province la legge riconosce,
nell'ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di
risorse proprie e trasferite.
3. La legge assicura, altresì, agli enti locali
potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle
tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente.
4. La finanza dei comuni e delle province è
costituita da:
a)
imposte proprie;
b) addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali;
c) tasse e diritti per servizi pubblici;
d) trasferimenti erariali;
e) trasferimenti regionali;
f) altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale;
g) risorse per investimenti;
h) altre entrate.
5. I trasferimenti erariali devono garantire i
servizi locali indispensabili e sono ripartiti in base a criteri obiettivi che
tengano conto della popolazione, del territorio e delle condizioni
socio-economiche, nonché in base ad una perequata distribuzione delle risorse
che tenga conto degli squilibri di fiscalità locale.
6. Lo Stato assegna specifici contributi per
fronteggiare situazioni eccezionali.
7. Le entrate fiscali finanziano i servizi
pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano la
contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili.
8. A ciascun ente locale spettano le tasse, i
diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza. Gli
enti locali determinano per i servizi pubblici tariffe o corrispettivi a carico
degli utenti, anche in modo non generalizzato. Lo Stato e le regioni, qualora
prevedano per legge casi di gratuità nei servizi di competenza dei comuni e
delle province ovvero fissino prezzi e tariffe inferiori al costo effettivo
della prestazione, debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie
compensative.
9. La legge determina un fondo nazionale
ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati alla
realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico.
10. La legge determina un fondo nazionale
speciale per finanziare con criteri perequativi gli investimenti destinati alla
realizzazione di opere pubbliche unicamente in aree o per situazioni definite
dalla legge statale.
11. L'ammontare complessivo dei trasferimenti e
dei fondi è determinato in base a parametri fissati dalla legge per ciascuno
degli anni previsti dal bilancio pluriennale dello Stato e non è riducibile nel
triennio.
12. Le regioni concorrono al finanziamento degli
enti locali per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi
di investimento, assicurando la copertura finanziaria degli oneri necessari
all'esercizio di funzioni trasferite o delegate.
13. Le risorse spettanti a comuni e province per
spese di investimento previste da leggi settoriali dello Stato sono distribuite
sulla base di programmi regionali. Le regioni, inoltre, determinano con legge
i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite agli enti locali in relazione
al costo di gestione dei servizi sulla base della programmazione regionale.
Art.
55. Bilancio e programmazione finanziaria
1. L'ordinamento finanziario e contabile degli
enti locali é riservato alla legge dello Stato.
2.I comuni e le province deliberano entro il 31
dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i princípi
di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio
finanziario e pubblicità. Il termine puó essere differito con decreto del
Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali,
in presenza di motivate esigenze.
(comma così sostituito dall’articolo 13, comma 4, della legge n. 265 del
1999)
3. Il bilancio é corredato di una relazione
previsionale e programmatica e di un bilancio pluriennale di durata pari a
quello della regione di appartenenza.
4. Il bilancio e i suoi allegati devono comunque
essere redatti in modo da consentirne la lettura per programmi, servizi ed
interventi.
5. I provvedimenti dei responsabili dei servizi
che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio
finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità
contabile attestante la copertura finanziaria.
(comma cosÏ sostituito dall'articolo 6, comma 11, della legge 15 maggio
1997, n. 127)
(si veda in proposito la Circolare del Ministero dell'interno
F.L. 25/97 del 1 ottobre 1997)
6. I risultati di gestione sono rilevati mediante
contabilità economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del
bilancio e il conto del patrimonio.
7. Al conto consuntivo é allegata una relazione
illustrativa della giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione
condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai
costi sostenuti.
8. Il conto consuntivo é deliberato dal consiglio
entro il 30 giugno dell'anno successivo.
Art.
56. Determinazioni a contrattare e relative procedure
(rubrica così rinominata dall'articolo 14, comma 1, lettera a), della
legge n. 265 del 1999)
1. La stipulazione dei contratti deve essere
preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa
indicante:
(alinea così modificato dall'articolo 14, comma 1, lettera b), della legge
n. 265 del 1999)
a)
il fine che con il contratto si intende perseguire;
b) l’oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;
c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in
materia di contratti delle amministrazioni dello Stato e le ragioni che ne sono
alla base.
2. Gli enti locali si attengono alle procedure
previste dalla normativa della Comunità economica europea recepita o comunque
vigente nell’ordinamento giuridico italiano.
Art.
57. Revisione economico-finanziaria
1. I consigli comunali e provinciali eleggono,
con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre
membri.
2. I componenti del collegio dei revisori dei
conti devono essere scelti:
a)
uno tra gli iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti, il quale funge
da presidente;
b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti;
c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.
3. Essi durano in carica tre anni, non sono
revocabili, salvo inadempienza, e sono rieleggibili per una sola volta.
4. I revisori hanno diritto di accesso agli atti
e documenti dell'ente.
5. Il collegio dei revisori, in conformità allo
statuto ed al regolamento, collabora con il consiglio nella sua funzione di
controllo e di indirizzo, esercita la vigilanza sulla regolarità contabile e
finanziaria della gestione dell'ente ed attesta la corrispondenza del rendiconto
alle risultanze della gestione, redigendo apposita relazione, che accompagna la
proposta di deliberazione consiliare del conto consuntivo.
6. Nella stessa relazione il collegio esprime
rilievi e proposte tendenti a conseguire una migliore efficienza, produttività
ed economicità della gestione.
7. I revisori dei conti rispondono della verità
delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del
mandatario. Ove riscontrino gravi irregolarità nella gestione dell'ente, ne
riferiscono immediatamente al consiglio.
8. Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è
affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dall'assemblea
della comunità montana a maggioranza assoluta dei suoi membri e scelto tra
esperti iscritti nel ruolo e negli albi di cui al comma 2, lettere a), b) e c).
9. Lo statuto può prevedere forme di controllo economico interno della gestione.
Capo
XV - Responsabilità
Art.
58. Disposizioni in materia di responsabilità
1. Per gli amministratori e per il personale
degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di
responsabilità degli impiegati civili dello Stato.
2. Il tesoriere ed ogni altro agente contabile
che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni
degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti
a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla
giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste
dalle leggi vigenti.
2-bis. Gli agenti contabili degli enti locali,
salvo che la Corte dei conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione
della documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui all'articolo 74
del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli 44 e seguenti del
regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
(il comma 2-bis é stato introdotto dall'articolo 10, comma 1, della legge 15
maggio 1997, n. 127)
3. I componenti dei comitati regionali di
controllo sono personalmente e solidalmente responsabili nei confronti degli
enti locali per i danni a questi arrecati con dolo o colpa grave nell'esercizio
delle loro funzioni.
4. L'azione di responsabilità si prescrive in
cinque anni dalla commissione del fatto. La responsabilità nei confronti degli
amministratori e dei dipendenti dei comuni e delle province é personale e non
si estende agli eredi.
5. Sino all'approvazione della disciplina organica
dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali continuano ad applicarsi,
in quanto compatibili, le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore
della presente legge.
Articoli
da 59 a 63 (omissis)
Art.
64. (Abrogazione di norme)
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 59, comma
2, sono abrogati:
a)
il regolamento approvato con R.D. 12 febbraio 1911, n. 297, e successive
modifiche e integrazioni, salvo gli articoli da 166 a 174 e da 179 a 181;
b) il testo unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 4
febbraio 1915, n. 148, e successive modificazioni e integrazioni, salvo gli
articoli 125, 127, 289 e 290;
(il testo unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 4
febbraio 1915, n. 148, è stato integralmente abrogato dall'articolo 28, comma
4, della legge n. 265 del 1999)
c) il testo unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 3
marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni e integrazioni, salvo gli
articoli 6; 18, primo comma; 19; 20; 23, primo comma; 24; 84; 87, primo comma;
89; 96; da 106 a 110; 140, primo comma; 142, primo comma; 147; 155; 279; e,
limitatamente alle funzioni della commissione centrale per la finanza locale
previste da leggi speciali, gli articoli da 328 a 331;
(l'articolo 279 del testo unico della legge comunale e provinciale
approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383, è stato abrogato dall'articolo 28,
comma 4, della legge n. 265 del 1999)
d)- il primo comma dell'articolo 6 della legge 18 marzo 1968, n. 444,
intendendosi attribuita ai comunila relativa competenza in materia di edilizia
scolastica.
2. Con effetto dalla data di entrata in vigore
della presente legge sono abrogate tutte le altre disposizioni con essa
incompatibili, salvo che la legge stessa preveda tempi diversi per la cessazione
della loro efficacia.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, il Governo emana un testo unico di tutte le disposizioni
rimaste in vigore in materia di ordinamento degli enti locali.
Art.
65. Entrata in vigore della legge
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.