Pubblicato nella Gazz.
Uff. 2 novembre 1990, n. 256 e convertito in legge, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, L. 22 dicembre 1990, n. 403 (Gazz. Uff. 29 dicembre 1990,
n. 302). Il comma 2 dello stesso art. 1 ha, inoltre, disposto che restano
validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti
prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 1° ottobre 1990, n.
269, non convertito in legge.
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli
articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta
la straordinaria necessità ed urgenza di differire al 31 dicembre 1990 il
termine per l'approvazione dei bilanci di previsione per l'esercizio
finanziario 1991 da parte dei comuni, delle province e delle comunità montane,
nonché di emanare disposizioni concernenti i mutui a copertura dei disavanzi
delle aziende di trasporto, l'alienazione del patrimonio disponibile degli enti
locali, la proroga dei termini entro cui deliberare le tariffe dei tributi
comunali e la variazione dei limiti di reddito ai fini dell'imposta comunale
per l'esercizio di imprese, arti e professioni;
Vista la
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31
ottobre 1990;
Sulla
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'interno,
del tesoro e delle finanze, di concerto con il Ministro del bilancio e della
programmazione economica;
Emana il
seguente decreto-legge:
Art. 1
Bilancio
1. Il termine per
l'approvazione dei bilanci di previsione per l'esercizio finanziario 1991 da
parte dei comuni, delle province e delle comunità montane, di cui all'articolo
55, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, è differito al 31 dicembre
1990.
2. Decorso
infruttuosamente il termine di cui al comma 1, l'organo regionale di controllo
attiva immediatamente le procedure previste dal comma 2 dell'articolo 39 della
legge 8 giugno 1990, n. 142 (1).
3. (2).
4. Le
province, i comuni e le comunità montane, nelle more dell'approvazione dei
bilanci di previsione da parte dell'organo di controllo, possono effettuare,
per ciascun capitolo, spese in misura non superiore mensilmente ad un
dodicesimo delle somme definitivamente previste nell'ultimo bilancio approvato,
con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non
suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
5. (2).
(1) Comma
così sostituito dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
(2) Comma
soppresso dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
Art. 2
Mutui per
la copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto
1. Gli
enti locali sono autorizzati a contrarre mutui decennali per la copertura dei
disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e dei servizi di
trasporto in gestione diretta, relativi agli esercizi 1987-90. Detti mutui non
possono essere concessi dalla Cassa depositi e prestiti e dalla Direzione
generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro.
2. Le
disposizioni del comma 1 si applicano anche per il finanziamento delle somme
occorrenti, entro i limiti derivanti dalla partecipazione azionaria, per la
ricapitalizzazione delle aziende di trasporto costituite in forma di società
per azioni, quando l'ente locale riveste la posizione di unico azionista o di
azionista di maggioranza.
3. I mutui
di cui ai commi 1 e 2 possono essere assunti anche in eccedenza al limite di
indebitamento stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 29 dicembre 1977, n.
946, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978, n. 43;
l'importo degli interessi delle rate di ammortamento concorre, comunque, alla
determinazione del limite di indebitamento per ciascuno degli anni successivi a
quello in cui viene deliberata l'assunzione del mutuo.
4.
L'ammontare del mutuo di cui ai commi 1 e 2 non può essere superiore:
a) per le
aziende di trasporto pubbliche, all'importo del disavanzo della gestione del
trasporto locale quale risulta, per ciascuno degli anni dal 1987 al 1990, dal
bilancio consuntivo dell'azienda, debitamente approvato dall'ente proprietario;
b) per i
servizi di trasporto in gestione diretta, alla risultanza in proposito
evidenziata, per ciascuno degli anni dal 1987 al 1990, nel conto consuntivo
dell'ente locale debitamente approvato;
c) per le
aziende costituite in forma di società per azioni, all'importo della quota a
carico dell'ente locale della perdita risultante dal bilancio redatto e
approvato, per ciascuno degli anni dal 1987 al 1990, ai sensi degli articoli
2423 e seguenti del codice civile.
5. L'onere
di ammortamento dei mutui contratti ai sensi del presente articolo è a carico
dei bilanci degli enti locali.
6.
L'assunzione del mutuo a copertura del disavanzo di esercizio 1990 è
subordinata all'adozione, entro il 30 settembre 1991, da parte degli enti
locali interessati, su proposta dell'azienda ove ricorra, di un piano di
risanamento economico-finanziario che preveda il raggiungimento dell'equilibrio
di bilancio entro il termine del 31 dicembre 1996 (1).
7. Il
piano di risanamento deve tra l'altro contenere:
a)
l'adeguamento, a decorrere dal primo anno del piano, dei proventi del traffico
nelle misure stabilite ai sensi dell'articolo 6, primo comma, lettera b), della
legge 10 aprile 1981, n. 151;
b) la
ristrutturazione dei servizi e della rete con dimostrazione delle economie
conseguibili;
c) il
contenimento programmato delle spese di personale.
8. Il
piano di risanamento è approvato con decreto del Ministro dell'interno, su
proposta conforme della commissione di ricerca per la finanza locale presso il
Ministero dell'interno, che per l'occasione è integrata con due rappresentanti
del Ministero dei trasporti.
9. Gli
enti locali iscriveranno nei propri bilanci i decrescenti contributi necessari
a realizzare il pareggio durante il periodo di attuazione del piano di
risanamento.
10. Alla
copertura dei contributi di cui al comma 9 si provvede mediante la contrazione
di mutui a carico degli enti locali.
11. La
mancata osservanza da parte dell'azienda delle prescrizioni indicate dal piano
costituisce grave pregiudizio agli interessi dell'azienda e dell'ente locale ed
obbliga l'ente locale interessato ad attivare la procedura per la sostituzione
della commissione amministratrice, o del consiglio di amministrazione in caso
di società per azioni.
(1) Comma
così modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
Art. 2-bis
Mutui
contratti dalle regioni
1. Le
regioni possono contrarre mutui decennali, nei limiti delle perdite risultanti
dai bilanci redatti e approvati ai sensi delle norme vigenti relativamente agli
anni 1987, 1988, 1989 e 1990, per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle
aziende di trasporto pubbliche, private ed in concessione, che non hanno
trovato copertura con i contributi di cui all'articolo 6 della legge 10 aprile
1981, n. 151, nonché limitatamente agli importi residuati dopo l'applicazione
dei commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 2 del presente decreto.
2.
L'assunzione dei mutui di cui al comma 1 può avvenire anche in deroga ai limiti
previsti dalle leggi vigenti. Le relative procedure e criteri sono stabiliti
con decreto del Ministro del tesoro (1).
3. L'onere di ammortamento
dei mutui contratti ai sensi del presente articolo è a carico dei bilanci delle
regioni (2).
(1) La
Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-18 giugno 1991, n. 284 (Gazz. Uff.
26 giugno 1991, n. 25 Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 2-bis, secondo comma, secondo periodo.
(2)
Aggiunto dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403.
Alienazione
del patrimonio disponibile degli enti locali
1. Le
province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi sono autorizzati ad
alienare il patrimonio disponibile per la realizzazione di opere pubbliche o
per il finanziamento delle perdite di gestione delle aziende pubbliche di
trasporto o per i fini indicati agli articoli 24 e 25 del decreto-legge 2 marzo
1989, n. 66 (10), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n.
144, e al comma 3 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 1° luglio 1986, n. 318,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1986, n. 488 (1).
1-bis. I
comuni e le province possono altresì procedere alla alienazione del patrimonio
di edilizia residenziale di loro proprietà, ancorché abbiano usufruito negli
anni precedenti di contributo o finanziamento in conto capitale o in conto
interessi dallo Stato o dalle regioni. La cessione delle unità immobiliari deve
avvenire con priorità assoluta per coloro che ne fanno uso legittimo, in base a
contratto di affitto, di concessione o comodato. Gli istituti di credito
autorizzati possono concedere mutui ipotecari ai cessionari anche fino al 90
per cento del valore di cessione, corrispondendo agli enti proprietari il
valore ammesso a mutuo. Gli stessi enti possono prestare garanzia parziale agli
istituti mutuanti in misura non superiore al 40 per cento del prezzo di
cessione. I comuni e le province possono utilizzare i proventi per le finalità
previste al comma 1; nella eventualità di alienazioni di valore non inferiore
ai 500 milioni di lire, qualora non utilizzino almeno il 50 per cento del
ricavato per interventi di edilizia economica e popolare saranno esclusi dai
programmi regionali e nazionali di nuova formazione sulla materia per i
successivi nove anni (2).
2. Gli
enti locali che abbiano deliberato le alienazioni di cui al comma 1, nelle more
del perfezionamento di tali atti, possono ricorrere a finanziamenti presso
istituti di credito. Possono altresì utilizzare in termini di cassa le somme a
specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del settore
pubblico allargato e del ricavato dei mutui, purché si impegnino esplicitamente
a reintegrarle con il ricavato delle predette alienazioni (3).
3. Gli
enti locali di cui al comma 1 sono autorizzati a negoziare, con gli istituti di
credito di cui al comma 3-quater, aperture di credito a fronte di deliberazioni
di alienazioni di beni di loro proprietà. Le deliberazioni devono riportare i
valori di stima dei beni da alienare. Gli utilizzi delle aperture di credito
sono versati, per gli enti assoggettati alle disposizioni sulla tesoreria
unica, nella contabilità fruttifera aperta presso la tesoreria provinciale
dello Stato e sono immediatamente ed integralmente utilizzabili dagli enti
locali per le finalità previste dai commi precedenti, nonché per spese di
manutenzione straordinaria o per altre spese in conto capitale incrementative
del patrimonio degli enti. Al rimborso degli utilizzi, compresi gli oneri da
essi derivanti, si provvede comunque con i fondi provenienti dalle alienazioni
(4).
3-bis. I
debiti degli enti locali per utilizzi delle aperture di credito di cui al comma
3 sono assistiti anche da garanzia, da costituirsi mediante emissione di
delegazione di pagamento da rilasciarsi secondo i limiti ed i criteri stabiliti
dalla normativa vigente. Tale garanzia diviene operativa qualora, entro 24 mesi
dalla data del primo utilizzo delle aperture di credito, le alienazioni di cui
al comma 3 non siano state realizzate (4).
3-ter. I
debiti degli enti locali per utilizzi delle aperture di credito di cui al comma
3 non godono di alcuna garanzia da parte dello Stato, anche nell'ipotesi di
successive situazioni di insolvenza degli enti stessi (5).
3-quater.
Con decreto del Ministro del tesoro, sentite l'Associazione nazionale comuni
italiani (ANCI) e l'Unione delle province d'Italia (UPI), sono designati gli
istituti di credito con i quali gli enti locali sono autorizzati a negoziare le
aperture di credito di cui al comma 3, e sono altresì stabilite le relative
condizioni e modalità, intese prioritariamente a semplificare ed a rendere
tempestive le decisioni operative degli enti stessi (5).
(1) Comma
così modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
(2) Comma
aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
(3) Comma
così sostituito dall'art. 7, D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, riportato alla voce
Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato, nel testo
modificato dalla relativa legge di conversione.
(4) L'art.
6, D.L. 23 settembre 1994, n. 547, riportato alla voce Economia nazionale
(Sviluppo della), ha così sostituito il comma 3 ed ha aggiunto i commi 3-bis,
3-ter e 3-quater. Vedi, anche, le altre disposizioni del citato art. 6.
(5) L'art.
6, D.L. 23 settembre 1994, n. 547, riportato alla voce Economia nazionale
(Sviluppo della), ha così sostituito il comma 3 ed ha aggiunto i commi 3-bis,
3-ter e 3-quater. Vedi, anche, le altre disposizioni del citato art. 6.
Art. 4
Disposizioni
fiscali
1. Per
l'anno 1991 i comuni possono deliberare le misure delle tariffe relative ai
tributi comunali e delle variazioni dei limiti di reddito per l'imposta
comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni entro il 31 dicembre
1990.
2. (1).
3. (2).
3-bis. (3).
3-ter. Le
disposizioni del comma 3-bis hanno effetto dal 1° gennaio 1991 (4).
(1)
Modifica l'art. 4, comma 5, L. 14 giugno 1990, n. 158.
(2) Modifica
l'art. 4, comma 2, L. 16 maggio 1970, n. 281.
(3) Comma
aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403. Esso sostituisce
l'art. 88, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
(4) Comma
aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
Art. 4-bis
Obblighi
relativi all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte sui redditi
1. Il
termine del 31 dicembre 1990 previsto dall'articolo 4-ter del decreto-legge 30
settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre
1989, n. 384, è ulteriormente differito al 31 dicembre 1991 (1) per quanto
riguarda le dichiarazioni ed i versamenti agli effetti dell'imposta sul valore
aggiunto e delle imposte sui redditi. Fino alla stessa data sono differiti
anche i termini previsti per la fatturazione e la registrazione e per
l'adempimento di tutti gli altri obblighi inerenti alle operazioni delle quali
si deve tener conto nelle suddette dichiarazioni; a tal fine gli obblighi di
fatturazione, di registrazione e gli altri obblighi relativi alle suddette
operazioni si intendono comunque già adempiuti se le operazioni stesse
risultano dalla contabilità prevista per gli enti pubblici interessati. I
periodi di imposta cui si applicano le disposizioni contenute nel comma 2
dell'articolo 4-ter del decreto-legge 30 settembre 1989, n. 332, convertito,
con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, e nei precedenti
provvedimenti, sono quelli chiusi anteriormente al 1° gennaio 1991 (2).
(1)
Termine differito al 5 marzo 1992 dall'art. 56, L. 30 dicembre 1991, n. 413.
(2)
Aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
Art. 5
Disposizioni
sui mutui degli enti locali
01. Per
l'anno 1991 l'ammontare dei mutui concedibili dalla Cassa depositi e prestiti a
favore di province, comuni, comunità montane e loro consorzi non potrà essere
inferiore a 8.000 miliardi di lire (1).
02. La
Cassa depositi e prestiti nella concessione dei mutui darà priorità ai comuni
con popolazione fino a 20.000 abitanti (1).
1. Le
disposizioni di cui al comma 11 dell'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 1989,
n. 65, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155, sono
soppresse.
2. Le
disposizioni del presente decreto sostituiscono integralmente quelle di cui al
decreto-legge 1° ottobre 1990, n. 269.
2-bis. Il
comma 2 dell'articolo 12 del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38, è
applicabile ai mutui concessi o stipulati nell'esercizio 1991 per le quote 1989
non utilizzate (2).
(1) Comma
premesso al primo dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
(15/a)
Comma aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
Entrata in
vigore
1. Il
presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per
la conversione in legge.